Qualche decennio fa, da ragazzino, i giorni delle elezioni erano, per me, giorni un po’ particolari. La mia piccola casa era adiacente all’edificio della scuola elementare – negli anni ‘50/’60 questa era un po’ la regola per i maestri elementari delle “scuole rurali” – e in quelle aule veniva allestito il seggio 43.

D’altronde mio padre, al seggio, era un po’ il padrone di casa. Era il maestro rispettato da tutti – presidenti, scrutatori e rappresentanti di lista, quasi tutti suoi amici – per la sua imparzialità collaudata ininterrottamente dal dopoguerra come segretario delle operazioni di voto. In quei giorni c’era grande eccitazione nel piccolo centro collinare in attesa dei risultati il lunedì pomeriggio. Non c’erano sondaggi ad anticipare l’esito della competizione, né esisteva il peso opprimente dei leader – comunque, allora, figure gigantesche rispetto ai figuranti di oggi – a condizionare con una battuta cretina impercettibili spostamenti di voti. Era il “piccolo mondo antico” di un Paese che, nonostante le macerie materiali (e non solo) della guerra, guardava fiducioso al futuro provando passione e stupore per un rito (quello elettorale) che il fascismo aveva cercato di seppellire per sempre.

Qualche decennio dopo le elezioni sono diventate la liturgia stantia di un Paese esausto, perso nel vuoto, inghiottito dal nulla di una “politica” diventata finzione e trascinata avanti a fatica da partiti fasulli, da media asserviti e da slogan urlati. Farebbe tutto molto ridere se non facesse anche piangere. E’ la fine di agosto, manca un mese al “giorno del giudizio”. Ma de che? Sappiamo già il risultato finale, le percentuali e la distribuzione dei seggi (grazie ai sondaggi). Conosciamo già gli eletti (grazie a una legge elettorale infame che ne prevede la nomina feudale da parte di ridicoli capi e capetti). Solo emozioni digitali, solo insulti via internet, solo finte contrapposizioni tra chi ha “governato” insieme due anni e, magari, sarebbe pronto a rifarlo, sempre agli ordini di NATO e Bruxelles. A proposito, bella la tavolata al meeting di Rimini!

Domanda (a bassa voce): quando tutto è così scontato (e virtuale) a che serve andare a votare il 25 settembre?  

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