9 luglio 2022. Giardino della Mediateca Montanari a Fano (PU). E’ un vero peccato che ci sia poca gente ad ascoltare Vincenzo Santoro che presenta il suo libro (Il tarantismo mediterraneo. Una cartografia culturale, Itinerarti 2021) – in questo sabato pomeriggio estivo il mare ha predominato su ogni altro interesse. Il suo intervento è appassionato e stimolante. 

L’Autore passa dal Tarantismo studiato da Ernesto de Martino a cavallo degli anni ’50 e ’60 (che pubblicò “Terra del rimorso“, dedicato al fenomeno) ad acquisizioni più recenti. A partire dal XVII secolo l’interesse per il rito del tarantismo legato al morso della tarantola si estese dal Salento a tutto il Sud d’Italia, alle grandi Isole e alla Spagna. Oggi è tornato in auge nelle vesti di danza popolare (pizzica, tarantella).

Santoro parla del rapporto esistente nel Salento Leccese tra il mito del Tarantismo e San Paolo – negli altri territori in cui il fenomeno del Tarantismo si è sviluppato non c’è un collegamento con la religione. Secondo una leggenda, i nati nella notte del 25 gennaio, data della conversione dell’apostolo di Tarso, sarebbero in possesso di un potere taumaturgico, donato loro proprio da San Paolo, ossia quello di poter guarire dal veleno di serpenti o  di altri animali velenosi (scorpioni, ragni). 

San Paolo è considerato protettore per eccellenza contro i rettili e gli altri animali velenosi a causa dell’episodio, descritto da San Luca negli “Atti degli Apostoli”, secondo cui, mentre si trovava a Malta, fu morso da una vipera senza alcuna conseguenza. 

La stessa terra di Malta veniva impiegata in polvere per il trattamento dei morsi velenosi di serpenti, scorpioni e ragni, oppure veniva lavorata per realizzare coppe in cui i veleni versati non avrebbero avuto effetto. 

A Galatina (nel Salento Leccese) il rito iniziava nella abitazione delle malcapitate (ma l’Autore ci ricorda che il fenomeno poteva riguardare pure gli uomini) accerchiate da musicisti. Al ritmo incalzante di questi suoni le donne si lasciavano andare in un ballo frenetico e convulso, caratterizzato da veri e propri spasmi. La tappa finale dell’esorcismo avveniva nella Cappella di San Paolo, dove si invocava la grazia del Santo. 

Santoro ha ricordato pure il collegamento, probabile ma mai dimostrato, tra Tarantismo e riti dionisiaci. 

Si è anche soffermato sull’interesse che suscitò il tema, a cavallo tra Sette e Ottocento, tra medici, scienziati ed altre persone colte. 

Mentre lui parla, mi torna alla mente un vecchio manoscritto conservato nella Biblioteca Comunale Federiciana di Fano: “Supplemento alle Lezioni botaniche preso dai due Regni Animale, e Fossile del lettor Cesare Majoli”.

Cesare Majoli, vissuto a cavallo tra il ‘700 e l’800, era un frate (gerolimino) e naturalista. Originario di Forlì aveva soggiornato per un periodo della sua vita a Fano (oltre che a Montebello di Urbino, Roma e Napoli). 

Nell’articolo che aveva scritto sui ragni c’era un riferimento al fenomeno del Tarantismo.

A casa tra i miei appunti ritrovo cosa Majoli scrisse.

Intorno al veleno finalmente dei Ragni, fà di mestieri sapere, che i Ragni maggiori di colore nero si pretendono infetti nel morso, segnatamente nei Paesi caldi, come Taranto nell’Abruzzo, detti Falangi o Tarantole, perché la loro infezione pretendesi scoperta in Taranto. Alcuni vogliono come il Mr. Le Pluche ed altri che dopo il morso subito non si manifesti il veleno, perché in poca quantità, ma che si faccia palese dopo la fermentazione, con sintomi terribili, e convulsioni grandissime passati quattro, o cinque mesi, come sarebbe il divincolarsi di continuo, ridere, e saltare da pazzo, o mettere il paziente in un’estrema giocondità, oppure in una profonda ipocondria; assegna anche un rimedio ridicolo, cioè il suono di un penetrante violino, o di qualche altro musicale istrumento, colla condizione però che il suonatore ritrovi quel tuono che soddisfi il piacere dell’infermo; ed in tal caso promovendolo al ballo, ai salti, ecc.; l’agitazione delle membra inferme alle cadenze si getti per terra, e dopo molte reiterate cadute, se gli eccita abbondante la traspirazione in sudore, e guarisce. 

Strano certamente rimedio da porsi nei fatti dei Romanzieri, e da credersi da chi è all’oscuro dei naturali evenimenti. Bisognano qui prove ad evidenza per conciliarci la fede; ma in questo caso non abbiamo alcun fondamento, ed appoggiamo la nostra credenza sul racconto di qualche scorretto viaggiatore […]

Non avvi paese alcuno nel Globo, che non abbia i suoi pregiudizi, per sbarbicare i quali è malagevole impresa. […] 

Un fatto consimile successe a me casualmente nelle campagne di Roma, che morsicato in un deto dal Falangio, non ho mai provato se non che il piccolo dolore del morso. Dunque l’opinione del veleno nella Tarantola è un vero pregiudizio popolare“.

Didascalia foto:

Ragno del genere Zoropsis, 3 marzo 2022, Fano

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