2 marzo 2022

Sono passati dieci anni dall’ultima mia visita alla strada del Cipresso, nella campagna di San Costanzo. 

Il primo tratto (venendo da Solfanuccio) è una strada bianca in discrete condizioni, vi è pure un edificio abitato; poi, superato il bivio con via Piagiolino, quando ci avviciniamo al ponte sul fosso Rio Grande e non sono più visibili gli enormi tralicci dell’elettrodotto, sembra che il tempo si sia fermato.

 Al di là del ponte, la sterrata è ridotta ad un viottolo che risale la collina attraversando una campagna aperta; non incontriamo nessuno, non passa una macchina, non possono passare, la strada è dissestata, solo i cingoli dei mezzi agricoli possono ignorarne i profondi solchi.

A parte il fango molle in prossimità del fosso, sono scomparsi gli effetti delle piogge dei giorni scorsi; il fondo stradale argilloso si è seccato, piccoli ristagni d’acqua permangono solo all’interno dei profondi solchi.

Suggestiva la visione in controluce delle case disperse nei campi e negli incolti erbosi, uniche cose a sporgere tra le pieghe di questi pendii argillosi poveri di alberature. 

Non ci sono neppure i fili elettrici a disturbare la visione, scomparsi i pali di cemento che tanti decenni fa avevano portato elettricità e modernità agli abitanti di queste case isolate; ne sopravvive soltanto uno, fortemente inclinato. 

Qui le case non sono state ristrutturate, a trasformarle solo le intemperie e il tempo.

Quando le raggiungiamo e le guardiamo con la luce giusta, le magagne che il controluce aveva mascherato si manifestano: tetti sfondi, l’assedio del rovo e di altri arbusti. 

A mia moglie ne indico una in particolare, si trova su un poggio, a breve distanza da un’altra casa colonica, ridotta a rudere. La sua posizione felice mi aveva spinto nell’ultima mia visita di dieci anni fa a compiere una deviazione, avevo così “scoperto” la presenza di alcuni murales in una sua parete esterna. Chi li aveva realizzati era stato attirato, come me, da quel punto che domina la piccola valle deserta. Sotto le due pitture murali affiancate, in cui si potevano cogliere i profili delle colline visibili da quella posizione, c’era una data (14 settembre 2010) ed una firma (“Agrà”). 

Agrà è il nome d’arte di Natale Patrizi, artista mondolfese specializzato nella pittura murale ed in

particolare nel rappresentare il paesaggio delle sue colline: quelle tra Mondolfo e San Costanzo.

Oggi, già da lontano, noto la presenza di murales anche nella facciata rivolta verso la strada.

Avvicinandoci, “scopriamo” che Agrà ha utilizzato per i suoi murales le tre pareti disponibili; compresa quella nel retro della casa, dove ha approfittato dei pochi lembi di intonaco superstiti.  

Al paesaggio agreste ha aggiunto figure religiose (un murale a sfondo religioso porta la data del 2007, un altro, con sullo sfondo le “sue” colline, del 18 luglio 2013) e, soprattutto, ha disegnato scene della Battaglia del Metauro tra Romani e Cartaginesi  del 22 giugno del 207 a.C.; lo scontro di 2.200 anni fa, secondo molti storici, si sarebbe svolto a Cerbara (a pochi chilometri di distanza in linea d’aria da qui). Battaglia decisiva per le sorti dell’Impero Romano: il cartaginese Asdrubale venne sconfitto, le sue truppe non riuscirono così a congiungersi con quelle del fratello Annibale, ciò segnò la vittoria dei Romani sui Cartaginesi.

Le scene della Battaglia del Metauro sono fatte con una tecnica particolare, quella della pittura a calce, attraverso la quale Agrà ha tracciato i contorni delle figure per poi imbiancare con la calce tutti gli spazi circostanti, lasciando quindi che l’interno dei personaggi (soldati, elefanti, armi) fosse fatto del materiale grezzo del muro. Accanto ad una di queste scene ci sono pure “le ombre” dell’artista mentre dipinge e delle sedie, scale, barattoli coi pennelli da lui utilizzate.

Una scritta ne conferma l’Autore e riporta la data di quei disegni “Agrà – Prova a calce – MMXX”, un’altra spiega perché Natale Patrizi ha scelto questo luogo: “Della Battaglia di Cerbara, molti scapparono per Piagge e Piagiolino” (località poste nelle vicinanze).

Consultando il web scoprirò che sul finire del 2020 Natale Patrizi ha rappresentato con la stessa tecnica di pittura a calce una lunga serie di sequenze della battaglia del Metauro sul muro del canale che collega il fiume Metauro alla centrale elettrica di Cerbara. Quel murale, lungo più di 100 metri e alto 3 metri, è stato realizzato nel luogo dove secondo molti storici locali sarebbe avvenuta la battaglia (*).

Non solo lungo strade facilmente raggiungibili, come Cerbara, Agrà per i suoi affreschi a cielo aperto ha scelto un luogo isolato e scomodo come la casa abbandonata sul poggio di un pendio collinare deserto.

Confrontando le foto scattate oggi con quelle fatte nelle mie visite precedenti (nel 2007 e nel 2012) noto che in tutte e tre le visite, inconsapevolmente, ho fotografato gli stessi soggetti, quelle case abbandonate, più o meno dagli stessi punti. 

A parte i murales, poco altro è cambiato, giusto le dimensioni degli squarci nei tetti delle case, qualche infisso in meno e la scomparsa dei pali della luce.

Sitografia:

(*) “Storia e arte nel murale di Cerbara” del 13 dicembre 2021 di F. Cantori (https://www.whymarche.com/storia-e-arte-nel-murale-di-cerbara/)

Didascalie foto:

1 e 2 – Strada del Cipresso, Campagna di San Costanzo (PU), 2 marzo 2022

Da 3 a 8 – Murales di Agrà sulle pareti esterne della casa abbandonata

9 e 10 – Le stesse case abbandonate fotografate rispettivamente nel 2012 e nel 2022

11, 12 e 13 – Le stesse case abbandonate fotografate rispettivamente nel 2007, nel 2012 e nel 2022

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