10 settembre 2023

Nelle acque poco profonde davanti alla spiaggia Sassonia (Fano) pratico lo snorkeling, modo elegante per dire che sto pescando le vongole. 

Non sono soltanto i sifoni dei bivalvi che sporgono dal fondale sabbioso ad attirare la mia attenzione; con maschera subacquea, boccaglio (in inglese “snorkel”) e pinne, oggi nuoto tra noci di mare (nome scientifico Mnemiopsis leidyi), innocui ctenofori trasparenti – non sono urticanti come molte meduse. 

Invisibili, percepisco al tatto quelle presenze gelatinose quando, nuotando, le mie braccia le incontrano. Se porto le mie mani al di là di loro, riesco a vederle, si materializzano contro quella parete scura. Riesco così a scorgere le file di ciglia che brillano di una luce blu-verde.

Le noci di mare sono innocue per la mia pelle ma non per l’ecosistema marino. Specie aliena, originaria delle coste atlantiche delle Americhe, è stata trasportata involontariamente con le acque di zavorra delle navi mercantili e ha colonizzato il Mediterraneo. Si ciba di zooplancton, di larve e uova di piccoli pesci impoverendo fortemente la fauna subacquea (è stata inserita tra le 100 specie più invasive e dannose del mondo).

Un po’ come lo spettatore che contempla il travaglio di un naufragio (De rerum Natura di Lucrezio) e gode della visione che ha dinnanzi, io mi soffermo a guardare la bellezza di queste creature che minacciano l’equilibrio ecologico marino (e la pesca).

Da qualche anno nuotando nelle acque costiere fanesi mi capita di trovarmi all’interno di raduni (definiti “bloom”, ossia fioriture) di noci di mare. Incontro fioriture di questo ctenoforo soprattutto nella seconda parte dell’estate, quando il mare è calmo e la temperatura dell’acqua elevata. 

Quest’anno il mio primo incontro è avvenuto il 23 agosto, sempre mentre pescavo le vongole, anzi praticavo lo snorkeling. 

Quel giorno la concentrazione di noci di mare era tale che, nonostante i loro corpi diafani e le acque particolarmente trasparenti, quando ci finivo in mezzo la visibilità si azzerava.

Non c’erano solo le noci di mare, quel giorno la corrente marina aveva trasportato contro la costa pesarese pure una moltitudine di grandi meduse della specie Cassiopea mediterranea (nome scientifico Cotylorhiza tuberculata). Ne ho incontrate a centinaia facendo lo slalom tra loro; la maggior parte stava vicino alla superficie marina, altre nuotavano attivamente più in basso. 

Questa medusa possiede un particolare ombrello a forma di disco di colore giallo intenso o marrone, che ricorda dall’alto un uovo al tegamino o un disco volante; anche questa specie è praticamente innocua, i corti tentacoli terminanti con un particolare bottone apicale di colore bianco o blu-violetto sono pochissimo urticanti, ma per sicurezza non li ho toccati accontentandomi di accarezzare l’ombrello.

Il fenomeno del bloom di queste meduse era così evidente che in quei giorni sulla stampa locale era uscito l’appello lanciato ai bagnanti dall’assessore alla Sostenibilità del Comune di Pesaro di evitare l’uccisione gratuita di queste innocue creature marine, che svolgono un ruolo importante nella catena alimentare marina: “No ai comportamenti crudeli, anche sulle meduse”.

Oggi incontro una sola Cassiopea mediterranea; si muove poco sotto la superficie del mare. E’ accompagnata da una decina di giovani pesci (forse di sgombro) che stanno a ridosso dei suoi corti tentacoli, sincronizzando il loro nuoto ai movimenti leggiadri del cappello del celenterato. 

Questa medusa isolata che vaga nel mare sconfinato rappresenta per loro l’unico riferimento e rifugio. I giovani pesci potranno crescere tra quei tentacoli, innocui per loro ma capaci di intimidire un predatore.

Didascalie foto:

1 – Noce di mare, tratta da: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Mnemiopsis_leidyi_-_Oslofjord,_Norway.jpg

2 – Cassiopea mediterranea, tratta da: https://www.arpa.marche.it

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