7 novembre 2022

Tranne qualche oliveto, l’intera valle del piccolo rio ha il colore della terra lavorata.

In una vecchia casa colonica abbandonata, oltre a profonde crepe alle pareti, il tempo ha aperto una breccia. Va da una finestra del piano superiore alla base dell’edificio. Sventrata pure una parte della parete laterale.

Un’epigrafe sulla facciata ricorda l’anno di costruzione: “1875”. Ma vi sono altre scritte sulle pareti esterne, con la vernice: bestemmie, parolacce ed acronimi (di cui non m’interessa conoscere il significato).

Entro nella stalla attraversando il varco.

Le mangiatoie sono ridotte in frantumi. Oltre alle macerie, ingombrano il pavimento resti dei vecchi infissi, di una sedia, di una rete del letto e qualche rifiuto moderno.

In tutto questo squallore, fissata ad una trave del soffitto, l’immagine di Sant’Antonio Abate.

Una seconda immagine del Santo, identica alla prima, fissata alla colonna che sostiene la trave.

Secondo la devozione popolare, Sant’Antonio Abate è il patrono degli allevatori ed è il protettore degli animali domestici.

L’esposizione della sua immagine, così come la benedizione di stalle e di animali domestici nel giorno della sua memoria liturgica (17 gennaio), serviva a porre gli animali e la stalla sotto la sua protezione.

Ancor prima di essere sventrata dal tempo, la casa colonica in abbandono ha conosciuto razzie ed atti vandalici (come rivelano le scritte volgari e blasfeme che imbrattano le pareti esterne).

Nulla si è salvato, solo quelle due immagini sacre sono state ignorate.

Nelle immagini appese il Santo è attorniato da una poco realistica concentrazione di animali: un cavallo, un asino, un bovino, una pecora, un maiale, un cane, una coppia di conigli, una di oche, un gallo ed una gallina.

Ad un lato dell’immagine s’intravede uno scorcio di paesaggio agricolo, dall’altro un fuoco acceso – Sant’Antonio Abate  è anche il patrono di quanti lavorano con il fuoco.

Tutto questo osservo sotto uno strato di polvere; polvere è ormai anche chi ha appeso lì quelle immagini, così com’è scomparso il bestiame che popolava questa stalla e quelle della circondario.

Lascio il rudere e riprendo il cammino con quel bestiame che pascola solo nel mio cervello, quella campagna “fitta” di bestiame non esiste più.

In questo paesaggio agricolo aperto è stata proposta la costruzione di un megaparco fotovoltaico ampio 45 ettari.

Nei campi si muovono piccole macchie colorate, sono i trattori che stanno fresando il terreno. Quella terra lavorata è solo apparentemente priva di vita, quattro aironi guardabuoi cercano cibo facendo la spola da un campo all’altro, da un trattore all’altro; non ci sono mandrie o greggi, da seguire solo macchine agricole.

Lo sferragliare dei cingoli dei trattori non è l’unico suono, arriva da lontano il canto di un gallo; è ciò che rimane della folla di animali che attorniava il Santo.

Didascalie foto:

1 – Valle del Fosso di Rio Cupo (Cartoceto)

2 – Rudere di casa colonica

3 – Epigrafe sulla facciata

4 e 5 – Immagini di Sant’Antonio Abate appese nella stalla

6 e 7 – Aironi guardabuoi al seguito dei trattori che fresano i campi

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