Il gelsomino notturno di Giovanni Pascoli è un capolavoro di allusioni erotiche che si accendono al crepuscolo. La natura viene convocata come una specie di coro che canta in sottofondo. Pensavo di ricordare qualcosa di diverso in quella poesia, osservando questa mattina la fioritura del gelsomino d’inverno. Invece il mio gelsomino risplende nel sole basso di gennaio con il suo giallo intenso e stellato, e la brina notturna si asciuga nel freddo. Viene chiamato anche gelsomino di San Giuseppe, un santo da calendario (precisamente il 19 marzo), perché la fioritura avviene di solito all’esordio della primavera. Il mio gelsomino non allude, non viene convocato per nozze, come quello del Pascoli, e non profuma, anche se è un arbusto fiorito. La specie proviene dalla Cina, chissà che percorsi hanno fatto i suoi avi. Non ricordo se è stato piantato lì per farlo arrampicare oppure se è nato per caso. Ormai fa parte della famiglia, è adottato e affettuosamente apprezzato. Ma oggi è il 17 gennaio.

Dovrebbe suggerire il buonumore o qualche speranza una fioritura precoce?

La pianta resiste ai freddi invernali, se nevicherà saprà difendersi. Mi viene un dubbio. Si è illusa o è stata illusa dalle temperature dell’aria e del suolo? Oppure parla. Comunica. Marzo è lontano, ma è il nostro marzo, non il suo. Le primavere boreali non sono più periodi che vanno da un solstizio a un equinozio, né sono meteorologiche: hanno perso l’orientamento.

Il gelsomino d’inverno si è acceso in pieno inverno, fuori stagione.

17 gennaio, mattino

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