Grilli e cicale dormono
o avvertono qualcosa nel silenzio.
Il vento muove le tende,
le gonfia. Lei non ha sonno
e chiede cos’è il colore ultravioletto.
Non lo vediamo, le api sì.
Una perturbazione, dice lui.
Magari un blu profondo,
un verde fluorescente, non so.
Poi dipende da chi guarda.
Come per il silenzio.
Sta lì fuori dalla finestra

o dentro di me. Cosa vuoi dire?
(lei aggrottando la fronte).
Dico che chiamo silenzio
qualcosa che è pieno di rumori
che non sento. Lei ride. La loro casa
confina con un grande parco
immerso nel buio. Ci sono
miliardi di cose senza voce.
Non mi fai dormire, lei dice.
Forse non sempre servono
parole o rumori. Ricordi
come brillavano le foglie oggi?

Quel silenzioso stormire.
Un’immagine sbiadita e falsa.
Ma il nero è anche luce. Matisse.
E l’ultravioletto, dice lei
inaspettatamente. All’improvviso
salta la nipotina sul loro letto,
la finestra è aperta. L’orsa maggiore,
proprio davanti. Il grande carro.
Quanto tempo per arrivare a loro,
a quelle sette luci? Pentola,
mestolo, aratro, il settentrione,
altri nomi. Viaggiatori smarriti.

[L’immagine: Renato Bruscaglia, Il cielo chiuso, 1982]


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