8 dicembre 2023

Mentre risaliamo in auto le pendici del M. Pietralata scorgiamo la nebbia che sovrasta il fondovalle del Candigliano, si insinua dentro la gola del Furlo e risale la piccola valle del Fosso del Rio.

Sullo sfondo le vette dell’Appennino pesarese: le sommità del monti Catria, Acuto e Nerone sono ricoperte di neve, ne è priva quella (più bassa) del monte Petrano. 

Stiamo andando alla ricerca di un albero di giuda (Cercis siliquastrum). 

Ne avevo trovato notizia sul Registro degli alberi monumentali (*); l’’età stimata è di 202 anni, la circonferenza di 190 cm e l’altezza di 14 m. La sua circonferenza è poca cosa rispetto a quelle di altri alberi monumentali che ho visitato, ma stiamo parlando di una specie che di solito rimane un piccolo alberello, se non arbusto.

Si trova nel bosco, sulle pendici del monte Pietralata. Osservando la mappa che ne riporta la posizione avevo notato che  il mare verde delle chiome è interrotto vicino al punto in cui si trova; ingrandendo la foto aerea ho riconosciuto le travi di un tetto scoperchiato: l’albero di Giuda è situato nei pressi del gruppo di case di Spelonca Alta, a 500 metri di quota.

Lasciata l’auto ai bordi della strada sterrata che conduce al Rifugio del Furlo, imbocchiamo una stradina forestale, chiusa da una sbarra. Superata la prima curva a gomito, lasciamo la stradina immettendoci nel sentiero CAI 446 (un tempo era contrassegnato col numero 146) che percorriamo verso valle. Ci imbattiamo così nei ruderi delle case di Spelonca Alta.

Alcune sono povere rovine: solo pietre e travi, altre, seppure assediate dall’edera, mostrano ancora la facciata quasi integra. In una del tetto restano le travi – forse è il particolare che avevo osservato nella foto aerea di Google Maps. 

C’è ancora un letto matrimoniale che poggia su ciò che resta del pavimento del piano superiore. I muri della stanza hanno ancora l’intonaco, colorato di azzurro in basso e di rosa fino al soffitto (che non c’è più). Il letto è inclinato, sollevata la testata mentre l’estremo opposto della rete affonda tra pietre e coppi, s’inabissa in un mare di rovine.

Intorno a quelle case vi sono altre piccole strutture, anch’esse in pietra: un forno e due pozzi (uno è provvisto di copertura muraria). 

Alla base di un muro sgretolato scorgo i resti di un orcio di terracotta smaltato. Veniva utilizzato per trasportare l’acqua del pozzo?

C’è un grosso albero a ridosso del pozzo privo di copertura. Col binocolo, controllo le poche foglie ancora presenti sui rami; la forma cuoriforme non lascia dubbi: è un albero di Giuda. 

Ce ne sono diversi vicino ai ruderi, ma questo ha delle dimensioni fuori dal comune. Anche se ho dimenticato la fettuccia metrica, in maniera empirica ne misuriamo la circonferenza. Risulta di poco superiore ai 190 cm, che è la misura che compare nel Registro degli alberi: è l’albero che cercavamo. 

Lasciate le case, troviamo una fontana (che non butta) e la traccia di un’antica mulattiera cinta da un muro. Poco oltre, sul sentiero, gli escrementi di un capriolo. 

*

Il mio nome scientifico è Cercis siliquastrum, quello comune “Albero di Giuda” o “Siliquastro”. 

La mia specie è di origine mediterranea, diffusa in Europa meridionale, Asia minore e Turchia. 

Due sono le storie della tradizione legate al mio nome. La prima sostiene che Giuda, dopo aver tradito Gesù, travolto dal rimorso, scelse un esemplare della mia specie per impiccarsi. 

In base ad un’altra ipotesi la mia specie si chiamava originariamente “Albero di Giudea”, il riferimento all’apostolo traditore sarebbe sopraggiunto in un secondo momento storpiando il nome.

La nostra corteccia è scura e screpolata, le foglie cuoriformi, i frutti sono dei baccelli – apparteniamo alla famiglia delle Leguminose -, è per questo che veniamo anche denominati ”siliquastri” (in latino il baccello si chiama “siliqua”). 

Ma ciò per cui non passiamo inosservati sono i fiori; di un intenso colore rosa-violaceo; riuniti in gruppi, spuntano, prima della comparsa delle foglie, direttamente dalla corteccia dei rami e persino del tronco. 

Siccome l’appariscente e abbondante fioritura inizia non lontano dall’equinozio di primavera, secondo gli antichi riti simboleggiavamo l’arrivo della nuova stagione. 

La fioritura prosegue fino ai primi di maggio, quando iniziano a spuntare le foglie.

Noi alberi di Giuda cresciamo molto lentamente e ci presentiamo per lo più come arbusti o piccoli alberelli, eppure la mia circonferenza supera i 190 cm. Pure la mia altezza, di circa 14 metri, è superiore alla media (di solito inferiore ai 10 metri).

Vivo sulle pendici del Monte Pietralata, a 495 metri di quota; intorno a me, oltre agli alberi, ci sono i ruderi di un gruppo di case (Spelonca Alta) che, dopo essere state abbandonate dall’Uomo, sono state “inghiottite” dal bosco.

Poco distante da queste case ci sono i resti di un’antica mulattiera; è ciò che rimane del tracciato che univa il minuscolo abitato circondato dal bosco al resto del mondo.

Le case di Spelonca Alta esistevano già prima della mia nascita. Secondo una stima, sono nato intorno all’anno 1821, mentre l’Atlante del Patrimonio edilizio della Riserva del Furlo riporta che l’epoca di costruzione di questi edifici è anteriore alla prima metà dell’800. 

Intorno a questi edifici, anch’essi costruiti in pietra, vi sono un forno e due pozzi. Uno è provvisto di copertura muraria, io mi trovo a ridosso dell’altro. Forse è proprio la vicinanza a quell’acqua ad avermi consentito di crescere più dei miei simili. 

Non ricordo quanti anni sono trascorsi da quando l’uomo ha smesso di risiedere in questo luogo, però fino a qualche anno fa, nonostante la scarsa accessibilità, alcune di queste case erano ancora temporaneamente utilizzate dai proprietari.

Ormai sono tutte in pessimo stato di conservazione; di alcune rimane ben poco: pietre e travi assediate dall’edera, altre mostrano che l’abbandono è meno lontano nel tempo.

A parte qualche escursionista, ora a passarmi accanto non sono gli umani: ad attraversare questo “villaggio fantasma”, sono i caprioli e gli altri animali selvatici. 

Quando il bosco non le assediava, dalle case di Spelonca Alta la vista si apriva sul fondovalle del Candigliano e sulla dorsale appenninica umbro-marchigiana – che, grazie alla mia altezza, io posso ancora scorgere. 

Alcuni elementi del paesaggio non sono mutati, ad esempio l’Abbazia di S. Vincenzo, alla base del Pietralata, in riva al Candigliano. 

Non c’erano, invece, i capannoni intorno ad Acqualagna, che hanno preso il posto del paesaggio rurale. 

Quei capannoni sono l’emblema del cambiamento sociale iniziato oltre sessanta d’anni fa. E’ stato proprio il passaggio dalla civiltà rurale a quella industriale ad avere attirato la gente nel fondovalle, ad averla spinta ad abbandonare i luoghi dove per secoli vissero i loro avi.“

(*) https://ilregistrodeglialberi.it/

Didascalie foto:

1 – Nebbia sulla valle del Candigliano, sullo sfondo il M.Nerone, 8-12-2023

2 – La nebbia s’infila nella Gola del Furlo (a sinistra) e risale la valle del Fosso del Rio

3 e 4 – Spelonca Alta

5 – L’interno di un rudere di Spelonca Alta

6 – Pozzo, Spelonca Alta

7 – In primo piano, il tronco dell’Albero di Giuda

8 – Mulattiera, Spelonca Alta

9 – Albero di Giuda in fiore, 6 aprile 2012, galleria del Furlo

10 – Abbazia di S. Vincenzo (in basso) e Acqualagna

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