Scritture

C’è una frase di un libro di Robert Walser

 

 

d’ora in poi non più lagne, non più rinvii, bisogno di niente

Walt Whitman

 

,un hic et nunc poetico moderno, summa di candore e stupore, che qui vorremmo scolpire, a termine di un brevissimo discorso su una variante dell’atto del camminare (la “passeggiata”) così tipicamente umano, e che in senso moderno si accompagna all’atto del pensare e all’atto dell’essere, essere liberi, essere “aperti”, come dice il “capitano” Walt sopracitato, nel grande canto della “strada aperta”:

 

A piedi e con animo sereno prendo la strada aperta,

in salute, libero, il mondo innanzi a me,

il lungo sentiero bruno pronto a condurmi dove scelgo di andare.

D’ora in poi non chiedo più buona fortuna, io sono la buona fortuna

d’ora in poi non più lagne, non più rinvii, bisogno di niente,

basta con lamenti appartati, biblioteche, sterili critiche,

forte e contento percorro la strada aperta.

 

Un bell’inizio che sia anche un “viatico” per ogni proposito di cammino o di discorso poetico, cardo e decumano della nostra centuriazione esistenziale-spirituale. Che sia un invito a percorrere le sue strade con lo spirito del “principiante” e quel principio civile e sportivo che gli svedesi chiamano allemansratten: diritto di ogni uomo di attraversare a piedi un “campo incolto”, purché non vi si arrechi danno.

E ricaviamo dunque una bella sentenza da tenere a mente:

“Attraversare il mondo a piedi, passando ovunque si voglia, purché non vi si rechi danno.”

 Di Robert Walser è l’edizione tascabile Adelphi de La passeggiata, piccolo racconto scrigno di sguardo che è anche espressione più compiuta del “sentimento dell’immanente”, quella forma di stupore mistico con cui è possibile avvicinarsi allo spirito dell’esistente, al “che è il mondo”, al deus sive natura.

Passeggiata come atto supremo di apertura, disporsi umano al sentimento del mondo, sguardo attento, empatico, aperto, verso creature e cose. Questo caro mondo senza il quale dove finiremmo, noi uomini? Terra che, se ci mancasse, che cosa avremmo?

Non solo semplice camminare, la passeggiata, piuttosto un’arte, poetica (e raffinata anche) umana attività, utile e inutile (utilità dell’inutile!), azione e contemplazione (essere-nel-tempio… un tempio la Natura ove viventi pilastri a volte/ confuse parole/ mandano fuori), arte di andare incontro alle cose, disporsi all’incontro e allo scambio, entrare in conversazione col mondo, nel senso alto di Walser (alto ma modesto, umile)  segno di quella nobiltà d’animo che è scomparsa, nella nostra epoca.

La passeggiata è dilatarsi dell’attimo, farsi vita intera dell’arco della giornata (la misura della giornata come modellino in scala della vita in sé) e dunque anche tempo di pensieri e parole dove, come un sedimento spurio di quell’ebbrezza del passo, si ha voglia di esprimere quel che rimane in cuore, triste o allegro che sia, grande o meschino, dal sole del mattino al pomeriggio e fino a spegnersi – perché no?-  nella tristezza del buio della sera coi suoi rimpianti. Uno spegnersi, sì, ma non senz’anche che sia alzato, diritto o spiralato, un filo di fumo del nuovo stupore, col candore fanciullesco e la nobiltà compiuta dell’uomo, di Robert Walser che dice:

Dove potrei essere se non fossi qui? Qui ho tutto e altrove non avrei nulla.

 

Rassegna incompleta e umorale di mete per brevi e più lunghe passeggiate nell’arco del giorno

 

Robert Walser, La passeggiata (Spaziergang), Adelphi

W.G. Sebald, Il passeggiatore solitario, Adelphi

Robert Mc Farlane, Le antiche vie, Einaudi

Patrick Leigh Fermor, Tempo di regali, Adelphi

Laurie Lee, Un bel mattino d’estate, L’ippocampo

Walt Whitman, Canto della strada aperta, in Foglie d’erba, Mondadori

Peter Handke, Nei colori del giorno, Garzanti

Arthur Rimbaud, Ma bohème, in Opere, Einaudi

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