Inserire i panni sporchi dentro il cestello. Chiudere l’oblò. Scegliere il programma in base ai capi da lavare; volendo, variare la temperatura ed i giri della centrifuga. Fare partire la lavatrice. Tutto qua.

Certo noi non possiamo competere con questo. Da noi occorreva fatica, sacrificio, tempo.

Tempo!, possiamo solo rimpiangere quello di quando eravamo indispensabili. Prima del cataclisma antropologico che si è abbattuto nei primi anni ‘60 e che ha spazzato via anche noi, insieme a tante altre cose della cultura contadina.

Non è che quando eravamo utili, anzi necessari, fossimo ben visti; eravamo comunque luogo di lavoro, di donne chine a sfregare i panni (ma anche di uomini che di tanto in tanto dovevano svuotarci e pulirci). Era questa la realtà, altro che la visione romantica dei “bei tempi andati”!

Da circa sessant’anni abbiamo perso il ruolo che avevamo. La rivoluzione industriale ha consentito a milioni di persone di migliorare le proprie condizioni di vita, ora tutti in casa dispongono di acqua potabile e della lavatrice. Nessuno più viene a riempire gli orci alle nostre fonti, nessuno più appoggia i panni sui nostri piani inclinati.

Siamo stati dimenticati. Non parliamo di quelli di noi che stanno dentro ai paesi, quelli continuano ad essere guardati, come monumenti. Parliamo di quelli di noi dispersi nelle campagne, magari subito fuori del centro abitato.

Alcuni di noi sono caduti in rovina, in preda al tempo e all’incuria dell’uomo, celati dalla vegetazione o addirittura finiti per essere seppelliti in seguito a smottamenti o alla lavorazione meccanica dei campi. Ma anche quelli di noi che sono stati mantenuti o restaurati non sono tornati ad essere quelli di un tempo.

Ecco una carrellata di alcuni di noi presenti nelle campagne intorno a Fano, nel raggio di una ventina di chilometri.

 

 

 

Cominciamo con La Fonte di Sajano, la più nobile di tutti, non è una semplice fonte di campagna. Si trova vicino alla costa, a breve distanza dall’Ardizio, lungo la strada che, a detta di molti studiosi, anticamente era un tratto del tracciato della Via Flaminia che univa Fano con Pesaro (*). Con le sue due strutture a cupola è un vero è proprio monumento rurale risalente al XVIII secolo. L’acqua che rifornisce il beveratore (la vasca per l’abbeveraggio dei cavalli) proviene da un mascherone, sormontato da una bella epigrafe in latino; il piccolo lavatoio si trova dietro al muro che sorregge la lapide di marmo, come a voler proteggere dalla vista dei viandanti chi era intento al lavaggio dei panni. Per molti anni la fonte ha fornito acqua limpida e fresca agli assetati viandanti e ai loro animali. I viandanti moderni sono invece assetati solo di velocità, viaggiano chiusi nei loro abitacoli a non molta distanza – la Strada Panoramica Ardizio è a poche centinaia di metri dalla fonte -, mentre, anche se ormai la periferia di Pesaro con il quartiere Muraglia lambisce queste campagne, nel tratto di strada semiasfaltata dove si trova la fonte non passa quasi mai nessuno, lo provano le profonde buche e la vegetazione delle siepi che sporge sulla sede stradale.

Ben più umile, ma ugualmente affascinante per la sua posizione appartata, è la Fonte Vecchia che si trova a breve distanza dal centro storico di San Costanzo. La fonte alimenta una vasca rettangolare (abbeveratoio) ma i lavori di ripristino dell’area adiacente hanno riportato alla luce una struttura muraria che, a conferma della memoria storica, indica la presenza di un antico lavatoio.

Un altro lavatoio presente nelle campagne di San Costanzo è la Fonte di Stacciola; si trova nella Valle dei Tufi, alla base della collina dove sorge la frazione omonima. Quando in inverno il salice piangente che fa compagnia al lavatoio è privo di foglie, ci pensano le foglioline galleggianti della Lenticchia d’acqua a coprire le sue acque.

E’ detta anche Fonte Piccola in quanto nella Valle dei Tufi vi è pure la Fonte Grande (di Mondolfo), fornita di un lavatoio di dimensioni maggiori.

In occasione del suo restauro, la zona adiacente alla Fonte Grande è stata attrezzata con pannelli contenenti informazioni storiche e naturalistiche e con panchine per invitare i visitatori alla sosta, peccato che il lavatoio venga tenuto privo di acqua.

La Fonte del Trebbio si trova nelle campagne di Cartoceto lontana dal centro abitato. Per raggiungere la fonte ed il lavatoio bisogna scendere una breve scalinata completamente coperta da foglie secche e rami di rovo, ma anche questo fa parte del suo fascino.

Il Lavatoio della Coppa si trova alla periferia di Villagrande (Mombaroccio). In passato la sorgente della “Coppa” dopo aver riempito la piccola vasca per l’acqua da bere, deviava nel lavatoio. Nel 2016 il lavatoio storico è stato recuperato e restaurato dall’Associazione Culturale “Memoria” dopo nove anni di lavoro volontario, compiendo un vero e proprio intervento di archeologia moderna e liberandolo dalla vegetazione e dal terriccio che lo nascondevano; peccato che nel lavatoio non sia stata ancora riportata l’acqua.

Un altro lavatoio recuperato e restaurato dall’Associazione Culturale “Memoria” (e anch’esso in attesa che gli venga riportata l’acqua) è il Lavatoio di Montegiano, subito fuori del paese. In un pannello è stata collocata una foto d’epoca in cui si vede il lavatoio circondato da diverse figure femminili. Sul bordo del lavatoio mucchi di panni, secchi di latta, bottiglie, orci.

Questa foto ricorda che, oltre che luoghi di fatica – ma quale altro momento, tranne il sonno, non lo era? -, noi eravamo anche luoghi d’incontri (prevalentemente femminili).

Forse per qualcuna delle donne assiepate intorno a noi quel momento di lavoro era gradito più di altri. Lasciavano le fatiche all’interno delle mura domestiche e dell’aia, per un’altra ma da noi almeno potevano incontrare le vicine. Sì, è vero, c’era pure un altro luogo pubblico che competeva con noi, la piccola chiesa di paese o di campagna, ma durante la funzione religiosa le donne dovevano stare in silenzio, potevano solo assistere alla messa o al massimo buttare uno sguardo alle altre fedeli, magari per criticarne l’abbigliamento (“Ha mis el prim vestitin ch’ha truvat”), invece da noi, chine su di noi, potevano parlare liberamente, del tempo, «le róndin vólen bas è ségn che pióv», chiedere dei famigliari, «Cóm sta babte?», oppure spettegolare, «Angelo è un bèl cón che tira ‘l rócul ma la Benilde», condividere segreti, addirittura canticchiare se lo spirito era quello giusto. La fatica poteva essere vissuta allegramente. Insomma, il tempo trascorso con noi poteva essere visto come una botta di vita.

 

* sito: https://issuu.com/storialocalepesaro/docs/picozzi-fontesajano-pesaro

 

Didascalie foto:

1 – Fonte di Sajano (Pesaro)

2 – Lavatoio della Fonte di Sajano

3 – Fonte Vecchia (S. Costanzo)

4 – Fonte e lavatoio della Stacciola (S. Costanzo)

5 – Fonte Grande (Mondolfo)

6 – Fonte e lavatoio del Trebbio (Cartoceto)

7 – Lavatoio della Coppa (Villagrande di Mombaroccio)

8 – Lavatoio di Montegiano (Mombaroccio)

9 – Foto d’epoca del lavatoio di Montegiano

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