Quasi tutti coloro (giornalisti soprattutto ma anche esponenti politici) che stanno processando il malcapitato PD per il magro risultato elettorale del 25 settembre stanno ripetendo lo stesso refrain. Il partito che si vorrebbe erede della cultura comunista e cattolico-democratica avrebbe abbandonato gli ultimi a loro stessi lasciando alle destre il campo della rappresentanza della parte più debole e meno protetta della società per trincerarsi all’interno dei quartieri residenziali e delle zone più ricche del Paese.

Un’analisi, questa, che ha senz’altro un fondamento ma che rischia di risultare un po’ troppo superficiale ad occhi più attenti ai flussi profondi che hanno scosso la società italiana  negli ultimi decenni. Se non altro perché questo sottintenderebbe una forma-partito che non esiste più: il partito novecentesco in grado di studiare e capire la realtà sociale del Paese con gruppi dirigenti maturi all’altezza della situazione che, attraverso una lettura adeguata del reale, indirizzano la propria formazione politica con scelte coerenti con quella lettura producendo di volta in volta le necessarie scelte di campo. Si sta, in sostanza, imputando al gruppo dirigente del PD una responsabilità che non ha perché non può averla: quella di avere scelto di rappresentare, in prevalenza, il cosiddetto “ceto medio riflessivo” e non i “poveri cristi”.

I gruppi dirigenti post-novecenteschi nella loro inconsistenza e superficialità non sono in grado di scegliere alcunché bensì sono loro ad essere scelti, di volta in volta, da quella società liquida che a livello elettorale si comporta come al supermercato, oggi sceglie un prodotto, domani ne sceglie un altro. Si vedano gli spaventosi, indicibili, ondeggiamenti del consenso nel giro di pochi anni: M5S dal 34% al 15%, Lega dal 34% all’8%, FdI dal 4% al 26%, etc.

Ma di questo non sono responsabili i suddetti gruppi dirigenti, che avendo da tempo rinunciato a dirigere alcunché, si trovano sballottati in modo inconsapevole dai marosi elettorali di un popolo sovrano – si fa per dire – trasformato in plebe sempre più avida di consumi. Loro – i dirigenti politici – finiscono per essere semplicemente i commessi del supermercato elettorale orientati dagli umori e dai rancori di quella plebe vorace. Se così stanno le cose e lasciando perdere le fantasiose mitologie strumentali sugli “eredi del PCI”, buone per catturare il consenso di vecchi nostalgici, si apre, nel caso del PD, un altro tipo di ragionamento.

Dal momento che a differenza dei casi suindicati il consenso al partito negli stessi anni è rimasto sostanzialmente lo stesso (attorno al 20% con oscillazioni poco significative) e, soprattutto, dal momento che quel consenso non si è allargato verso il basso – infatti la parte più debole e meno protetta della società italiana semplicemente non va più a votare – non è tanto che i vari gruppi dirigenti che il PD ha avuto nello stesso periodo siano risultati miopi o autolesionisti.

E’ che altrettanto semplicemente l’elettorato di cui sono espressione eterodiretta è ormai un elettorato che con le vecchie classi popolari – il popolo come veniva inteso nel ‘900 – non c’entra più nulla. E’ un elettorato ormai antropologicamente borghese, di persone perbene, politicamente corrette e bene educate. E siccome, a differenza del passato, è l’elettore che comanda sull’eletto come in ogni società mercantile dove è il consumatore/cliente che “ha sempre ragione”, la logica conseguenza è il totale disinteresse dei gruppi dirigenti del malcapitato PD per gli “ultimi” e per i “penultimi” della scala sociale, pena la perdita di consenso della propria affezionata clientela, orientata verso ben altri bisogni e succube di ben altri immaginari.

Perché proprio quell’elettorato tradizionale, non essendo più popolo ma “classe media” (o “medio-alta”), avendo raggiunto quelle quote significative di benessere che gli hanno consentito un salto nella gerarchia sociale, ora, da soggetto antropologicamente modificato, ha come orientato i gruppi dirigenti del partito verso un totale disinteresse nei confronti della tutela dei più deboli, magari finendo per scoprire, come una novità,  la consunta ideologia liberale vecchia di secoli, accanto alle fedi accessorie più contemporanee, nell’Unione Europea e nella NATO, più prosaicamente nella BCE e negli USA. Non è stato il PD a dimenticarsi degli ultimi. E’ stato l’ex-popolo del PD a sentirsi del tutto estraneo a qualsivoglia interesse per le classi subalterne sentendosi parte di una classe sociale superiore e indirizzando di conseguenza la proposta politica del partito verso un discorso rivolto prevalentemente alle élite. 

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