22 febbraio 2024

Oggi ho risalito a piedi la collina di Montegiove di Fano. Due giorni fa avevo letto l’articolo “Querce e acacie pericolanti. Qui il rischio è quotidiano” di un giornale locale che riguardava  proprio le due strade che ho percorso oggi. 

L’articolo riportava la segnalazione di un’abitante: “ le strade che salgono al colle sono disseminate di querce e acacie di grosse dimensioni la cui stabilità è alquanto precaria. Essendo stati piantati sul ciglio delle scarpate questi enormi alberi tendono a piegarsi in avanti pendendo minacciosamente sui passanti.  Basta poco che … un grosso tronco o un ramo di notevole dimensioni cada addosso alle persone. […] «Se si cammina a piedi – ha aggiunto – si riesce ad avvertire gli scricchiolii e in caso di crollo è possibile mettersi in salvo, ma se si transita in bicicletta o in macchina il pericolo diventa inevitabile.»

Dopo la lettura dell’articolo mi immaginavo di trovarmi una situazione molto mutata rispetto alle tante altre volte in cui, a piedi o in bicicletta, ho risalito questa collina fanese; invece no. A parte qualche acacia con una parte dell’apparato radicale scoperto, mi sono ritrovato a camminare in un paesaggio collinare reso bello proprio dalla presenza delle roverelle secolari presenti sul ciglio stradale. Alcune da decenni le vedo inclinate verso la strada.

In “Alberi sapienti, antiche foreste”, nel capitolo dedicato ai sensi delle piante Daniele Zovi scrive: “Se si sta dentro al bosco in posizione di ascolto, prima o poi si avverte, si intuisce la presenza di un flusso di energia che circola tra i rami, le foglie, le radici. Talvolta è un sussurro, altre volte sono strepiti e grida. E’ come se le piante parlassero tra loro. 

Parlano? […]

Con i milioni di individui vegetali che ci circondano non sappiamo comunicare. E quando mandano dei segnali, non sappiamo coglierli.”

Leggendo l’articolo sembra che uno dei pochi messaggi che l’Uomo coglie dal mondo vegetale è vedere i vecchi alberi come pericoli. Anziché percepirli come esseri viventi e importanti elementi del paesaggio nel quale viviamo o che attraversiamo, c’è chi li vede come oggetti che possono venire tagliati, estirpati a seconda dei nostri desideri, ignorando che per crescere ci sono voluti secoli.

Tante volte passando sotto alberi durante giornate ventose ho sentito gli scricchiolii di tronchi e rami, ma non mi è mai venuto in mente di chiederne l’abbattimento. 

La segnalazione riporta di avere scritto delle lettere all’amministrazione comunale, l’ultima del 2 dicembre “quando in seguito ad un forte vento aveva causato la caduta di un albero e la conseguente interruzione della strada. Per fortuna in quel momento nessuno transitava.”  

E’ ovvio che non si può escludere che un albero o dei suoi rami possano cadere al suolo in seguito ad un forte vento, ma se si seguisse “il grido di allarme” riportato nell’articolo andrebbero eliminati tutti gli alberi “anziani”, per non parlare di quelli monumentali che hanno alcuni secoli di età.

L’articolo si conclude con un perfetto cerchiobottismo: “Occorre quindi che l’Amministrazione Comunale intervenga: anche le strade e il patrimonio arboreo delle colline, come quello del nucleo urbano, sono una risorsa da tutelare e custodire.” 

Il problema sta proprio lì: salvaguardare il patrimonio arboreo che rende armonioso il nostro paesaggio agricolo o, un po’ alla volta, intervento dopo intervento, sacrificarlo in nome della sicurezza, sapendo che la garanzia assoluta che un ramo non ci cadi in testa  si può avere solo camminando in un deserto arboreo.

Didascalie foto:

1 e 2 – Montegiove (Fano), 22 febbraio 2024

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