Nell’anno incosciente
incerto tra un inizio
e una fine, guardando
come assente o novizio,
non c’era qualcuno
per parlare del futuro,
e c’era molto vento
in riva, il fango proveniva
dal torrente, nel mare
che ingialliva di terra
sospesa non c’era niente
da guardare, solo un mare 
che parlava come me 
lentamente.

Potevo andarmene.
I tempi erano quelli
di conformismo ipnotico
e incosciente, obiettori
della propria coscienza,
anche dell’incoscienza. 
E l’odore di qualcosa 
che moriva. Poi morivano
davvero, incredibilmente.
Uno diventava trasparente 
se non riusciva a parlare 
o farsi annusare.

Bene, questo tempo
era ancora tempo. Fuori, 
e dentro. Insomma dico
che un cauto attraversamento 
mi ha portato molto lontano
dal centro dell’uragano.
Bandiere. Tra le macerie,
sangue e cenere. Corpi
lacerati e profanati,
l’odore di aglio bruciato,
merda zolfo e carbone.
Crollare, esplodere…
Volti di polvere e lacrime.
Qui niente. E sopra l’orizzonte 
le stesse costellazioni.

[2023]

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