Evidentemente, ai lati del centro la gente non vive bene. Sta scomoda. In genere sui bordi c’è sempre il rischio di cadere fuori. Se parliamo di calcio, uno converge verso il centro, dalla sinistra o dalla destra, per sparare una bordata verso la porta (di solito la palla si perde tra la folla in curva o addirittura supera lo stadio). Meglio passare la palla, quando si converge. Gli allenatori bravi lo raccomandano sempre. Questo è un esempio luminoso. Ma se per un attimo torniamo a pensare al centro, bisognerebbe capire – cioè noi neofiti vorremmo capire – che cosa diavolo c’è al centro, visto tutti ci vogliono andare, e anche stabilirsi.

Da anni ormai, abbandonati elmi e cappi scorsoi per esibire rosari e crocifissi, le varie tribù della Lega, spazzolate e ben vestite, convergono al centro. La transumanza è discreta, non si sente il rumore degli zoccoli. Sono più educati, tranne qualcuno che ogni tanto pare risvegliarsi dal brutto sogno che lo aveva precipitato nel Lombardo-veneto o nello Stato Pontificio, e avverte ancora l’incertezza tra consultare i druidi o la Congregazione per la dottrina della Fede. Nel frattempo il centro è diventato affollatissimo.

Il centro è mio, urla un distinto signore ultraottantenne, affetto da satiriasi ed esibizionismo erotico. Ma con manovre subdole, numerosi predicatori occasionali hanno già posato le tende in piazza. Al centro, ovviamente. Poi ci sono i profughi, provenienti da ogni latitudine ma tutti in processione verso il centro. Per non sbagliare, la sbalestrata tribù dei profughi della Sinistra tiene sempre un piede al centro, a volte anche il culo, lasciando solo la punta dell’altro piede a sinistra (interrogandosi se ne vale la pena, e la scomodità). In centro transitano le processioni papali, benedicendo tutto e tutti. Anche la signora radicale prende di solito un caffè in centro, e sogna di fare la scapestrata, però al centro. Infine la destra annusa l’odore del centro. Le croci non sono uncinate ma raddrizzate, e il saluto dannunziano viene esibito con parsimonia operistica, tra vocalizzi baritonali. Ci sono numerosi gruppi misti, tutti accomodati in centro, una mescolanza contagiosa di meschinità e granitico opportunismo. Insomma, una ressa. Ma che ci fanno tutti al centro? E soprattutto: cosa c’è?

Stanno tutti con il naso all’insù. Sono quasi in estasi, solo per avere raggiunto il centro. Una posizione perfetta per i numerosi borseggiatori confindustriali che non si lasciano sfuggire questo fatale momento estatico. Per la verità, alcuni centristi svegli se ne sono accorti, si sono girati e hanno strizzato l’occhio: poi dividiamo, neh?

In disparte, ci sono quelli che non hanno ancora compreso il fascino del centro vuoto. Per loro, si tratta solo di un casuale, imbarazzante affollamento in un luogo completamento privo di attrattive: un parcheggio. Car sharing, prendi la macchina che vuoi e poi vai dove ti pare.

Lontanissimi, ma sempre più numerosi, anzi una maggioranza enorme e disgustata, ha ormai scelto di ignorare istituzioni, economie, religioni, politica e cultura: un modo splendido di vivere, secondo loro, basta tenersi lontani dal centro del buco nero. Sull’orizzonte degli eventi. Come è noto, i buchi neri risucchiano e cancellano tutto. Sono fenomeni affascinanti da osservare da lontano, sorbendo un caffè.

(disegno di Tullio Ghiandoni, Chi col cavallo, chi senza)

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