Il rumore del campanello, anno dopo anno sempre più fastidioso, più l’abbaiare dei cani: qualcuno che chiede soldi al cancello di casa. Quindi ho una casa e un cancello, anche se non ho cani, e magari una siepe o altre barriere in difesa di un territorio e altri spazi chiusi. Chi suona il campanello non ha tutto questo. Cammina. Viene da luoghi molto lontani, per migrazioni che non attraversano territori ma folle, folle di persone irritate o indifferenti. Lui deluso, io stanco. Lui è stanco e deluso da me, io stanco e deluso da me. Qualche soldo non cambierebbe la sua situazione ma cambierebbe la mia per qualche minuto, nell’illusione di essere anche se per poco un aiuto. C’è chi sostiene che questo tipo di carità fa bene non solo psicologicamente (a chi la fa) ma anche fisicamente. Previene le malattie, ha una funzione benefica e preventiva contro alcune malattie. Produce fisiologicamente benessere. Eppure non cambia la vita di chi riceve la carità. Allora la carità è una forma raffinata di egoismo? Credo di sì. Quando faccio la carità di qualche euro o centesimi dovrei sentirmi male perché mi nascondo dietro la maschera ipocrita di chi fa del bene mentre sto soltanto sostenendo il circolo vizioso tra chi chiede per sopravvivere e chi dà per sopravvivere. Meglio farla che non farla, ovvio. Ma che questo gesto gratuito verso chi ha bisogno faccia stare bene psicologicamente e fisicamente chi lo fa, lasciando nel bisogno chi ha un estremo bisogno, non è una bella cosa. Da un punto di vista politico e sociale, questo problema è meno importante delle buche nelle strade. Si ipotizza un reddito di cittadinanza, possibile che non si possa risolvere un problema di dignità umana che riguarda in fondo una esigua minoranza? Il volontariato umanitario, l’assistenza e la carità sono solo risposte provvisorie, in attesa della civiltà.

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