C’era molta affettuosità e la respiravano come se fosse l’ultima riserva d’aria. Infatti erano state usate parole e locuzioni che assomigliavano più a slogan: euforici, entusiasmanti. Tra i maggiori poeti italiani contemporanei, ad esempio, e questo è molto divertente, se uno ci pensa. Perché poi uno immagina i minori poeti italiani contemporanei, quelli che hanno cucito addosso un marchio d’infamia e derisione. Se la sono cercata.

Un poeta tra i maggiori, è elegante, e si glissa su chi sono i maggiori. Però lui o lei, il maggiore o la maggiore tra i maggiori, come ci sta in mezzo agli altri maggiori? Non sarà una specie di Zelig … e nemmeno si sa se i maggiori se ne sono accorti che c’è un altro maggiore … Infatti  I maggiori seguiti da un arco temporale, tipo degli ultimi cinquant’anni, con il corredo di un forse, o un probabilmente (che ci stanno sempre bene) cominciano a diventare troppi. Quello c’è, quell’altro pure, quell’altro arriva di corsa. Uno ce lo ficcano di contrabbando. Ehi mi hanno incluso. Eh ma allora ci sono tutti, forse conveniva restarne fuori, anche perché è più chic e poi si può recitare la scena di chi preferisce l’ombra, l’oscurità, l’anonimato, o fingere che era distratto.

E se i maggiori fossero bassi? Imbarazzante presentare un poeta basso dicendo che è sicuramente tra i più alti del suo tempo (anche al femminile) … Del resto chi potrebbe presentare un poeta dicendo semplicemente che è un discreto poeta, un poeta valido, un buon poeta? Ma scherziamo. A chi verrebbe voglia di leggerlo? Se non è il maggiore, o dei maggiori, deve essere almeno un maestro. Se non per tutti, almeno per qualcuno in particolare. In ogni caso un grande maestro, magari un maestro in ombra, accucciato, schivo, con la testa fra le nuvole. Appartato però è il termine più in uso. Sta lì in un angolo, non dà fastidio, aspetta. Del resto chi consegue la patacca di maggiore poeta di un qualche periodo, non può evitare di essere maestro di qualcun altro, sebbene i poeti di solito sono solitari, monastici e mondani, e non amano i discepoli. Fuori dai denti, neanche i discepoli amano fare i discepoli. Rischiano di venire etichettati come epigoni. E chi può presentare un autore dicendo che è l’epigono di un altro poeta? Sarebbe offensivo. Impraticabile. Facciamo una cosa, evitiamo le misurazioni, se non quelle più delicate. Per esempio: forse il più grande poeta del secolo. C’è quel forse per cautelarsi contro gli eccessi di entusiasmo. Uno dei tre o quattro più grandi poeti del secondo novecento, dai che si può dire lo stesso, avendo cura di non nominare gli altri, il famedio potrebbe risultare più affollato del previsto. Dunque, meglio continuare con il solito medagliere noioso, fondamentalmente ipocrita (tanto nessuno ci crede), il maggiore … eccetera … che poi equivale a un perbacco, urca, chapeau, minchia … evitando metafore poco pertinenti tipo colonnello, maresciallo, grande ammiraglio …  ma perché questo spreco di aggettivi e comparazioni? Grande. Grande va bene per tutti, maschi e femmine, e già distingue. Si potrebbe allora dire distinto: distinto poeta. Ma sembra una comunicazione ufficiale…

Nel frattempo se ne erano andati tutti, gli impiegati facevano segno di affrettarsi, chiudevano, e nonostante il caldo, la notte era invece molto fresca e umida. E camminando veniva il desiderio sempre più forte di rileggersi qualche classico. Tra l’altro allergici agli aggettivi.

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