C’è uno scrittore che si dirige da qualche parte, da solo, poniamo, o anche con un cane al guinzaglio, e che tace, o che dice qualcosa al suo cane che continua a grattarsi, poniamo, perché no? Giusto per contestualizzare un attimo, ponendo fine alle ipotesi, perché qui non si tratta di fare della metafisica a buon mercato.
C’è questo scrittore insomma, intento a condurre la propria vita da qualche parte, ma poi, lui non lo sa, c’è qualcun altro che lo spia, che lo sta osservando con interesse, che registra tutto, che prende appunti.
Questo secondo tizio è un critico e, parimenti all’investigatore privato che sorveglia le mosse dell’indagato, cerca di scoprire dove va lo scrittore, cosa fa, chi è e chi non è veramente, fornendone una “chiave di lettura”, come si dice in ambito letterario.
Più avanti arriva un terzo a dargli il cambio, critico di mestiere pure lui, il quale si accorge che al collega precedente erano sfuggiti alcuni dettagli non insignificanti, e forgia una nuova chiave di lettura, un po’ diversa dalla prima, che quindi chiameremo “seconda chiave”.
Poi arriva un quarto, e siamo alla “terza chiave”, un quinto e le chiavi diventano quattro, sicché alla fine, inutile insistere, ci siamo già capiti, abbiamo a nostra disposizione un bel mazzo di chiavi.
Però la storia non finisce qui. Può davvero dirsi conclusa solo quando entra in scena il critico dei critici, l’esperto di casseforti, di combinazioni segrete, lo scassinatore per eccellenza, a cui basta vagliare, soppesare le chiavi. A quest’ultimo non importa un fico secco dello scrittore, se aveva o non aveva il cane, che vada al diavolo lui e il suo cane rognoso!
E chi s’è visto s’è visto, mio caro lettore!