Canto la nostalgia senza memoria gli esili lapilli senza luce, gli accendini nella notte le voci intermittenti di scomparsi, gli amori che un giorno ci abbagliarono ed erano trucchi del destino o della storia fuochi fatui di un momento, lampi, legami che adottammo per scendere le scale o per salirle insieme, tanta era la fatica e tanto il fiato che occorreva appena emersa la paura di un abisso d'abbandono... Una voragine di notte senza stelle senza la dolce luce della luna, la vera eterna amante degli scribi e di chi ama la parola che sgusci dal buio come un vero amore. Canto allora il Libro e la poesia da sempre accanto a me, gli accordi delle sillabe, la loro interna [musica che suscita figure e di queste compone volti antichi e nuovi, come un tesoro inestinguibile, lo scrigno [misterioso che Callimaco esaltò nei poemi Alessandrini o le vie del labirinto che Borges percorse nella sua Biblioteca infinita dove inizio e fine sono un Cerchio, un tragitto pellegrino simile al viandante di Giacomo. Tutto questo ricordo e tengo a mente e a chi legge io rimando... Io so che vita è la parola non è altro che questo... "L'autore ubbidisce alla notte, vuole essere lui stesso notte - scrive Guido Garufi in nota al volume citando un passo di Maurice Blanchot - Se l'autore si esprime nel linguaggio della comunicazione chiara, è perché si è inoltrato nel linguaggio dell'oscurità che rischia ad ogni istante di togliergli la comunicazione di ogni cosa". Ma a pagina 19 Garufi scrive, in conclusione della poesia Sull'acqua: Io qui resisto, sono un antico scriba provinciale copista che ciclicamente rinnova lo stesso Proto senza inizio né fine, guardo le miniature che sfolgorano come quelle di Franco Bolognese esse sono lì da sempre, come lettere e quei versi, orme sulla riva... [Guido Garufi, All'ordine della notte, CartaCanta editore 2025, collana diretta da Davide Rondoni, che firma la quarta di copertina]
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